La storia della biblioteca
La formazione culturale e spirituale del clero fu, a Novara come altrove, uno dei punti cardine dell’opera riformatrice di vari vescovi, specie a partire dal secondo Cinquecento, subito dopo la conclusione del Concilio di Trento. Oltre alla fondazione di una vera e propria costellazione di collegi, ovvero seminari per giovani chierici in varie zone della diocesi, soprattutto il Seminario cittadino – ufficialmente fondato nel 1565 da mons. Giovanni Antonio Serbelloni (vescovo di Novara tra il 1560 ca e il 1574) – conobbe, tra lo scorcio del ’500 e lungo tutto il Seicento, un deciso potenziamento.
Pur in un periodo tanto lungo quanto assai travagliato dal punto di vista sia politico (guerra dei trent’anni) che religioso (eresia luterana nelle confinanti terre della Confederazione elvetica), i vescovi novaresi seppero intervenire con saggezza e determinazione, per migliorare le strutture di accoglienza e di formazione dei futuri sacerdoti.
Il Seminario di Novara, e particolarmente la sua biblioteca, godettero delle premure episcopali già da quegli anni, a partire da mons. Cesare Speciano (1584-1591), amico e confidente del card. Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, destinato a neppure trent’anni dalla morte alla gloria degli altari. Si sa infatti che mons. Speciano, prelato di vasta cultura e appassionato bibliofilo, creò e ampliò nel tempo una sua personale e ricca “libreria”, oggetto tra l’altro di recenti studi specifici. Taluni d questi libri confluirono certamente, alla sua morte, nella biblioteca del Seminario, allora in via di formazione.
Nulla di preciso si sa, invece, al riguardo per l’episcopato del venerabile Carlo Bascapè (1593-1615), allievo, collaboratore e amico anch’egli del Borromeo. E’ tuttavia lecito pensare che, oltre a dotare il Seminario di nuove, puntuali e innovative Regole, al passo con i tempi e in linea con i più rigorosi dettami conciliari, ci siano state particolari attenzioni anche alla dotazione di quei testi, che allora non potevano mancare sugli scaffali di una biblioteca ecclesiastica: per es. i trattati di morale o, per usare il termine allora in voga, di casistica – materia questa che a più riprese nel suo prezioso epistolario viene indicata quale imprescindibile nel bagaglio formativo dei giovani chierici studenti. Così pure i trattati di omiletica, o ars concionandi, altro fondamentale argomento di studio per i seminaristi.
Altri vescovi non mancarono, in quegli anni e a diverso titolo, di contribuire all’ampliamento della biblioteca. Impossibile non rammentare almeno mons. Giulio Maria Odescalchi (1656-1666), e ancor più mons, Giuseppe Maria Maraviglia (1667-1684). In particolare, di quest’ultimo e colto gentiluomo milanese – egli stesso teologo ed esperto giurista – restano non poche copie delle varie opere di cui fu autore e che si premurò di donare, con altri libri, alla biblioteca del Seminario.
Tale istituzione prese però realmente corpo e vita nel Settecento, grazie agli energici e puntuali interventi mirati di mons. Marco Aurelio Balbis Bertone, vescovo di Novara tra il 1757 e il 1789. Dal 1774 le sue disposizioni circa la gestione della biblioteca fanno ben comprendere la saggezza e la lungimiranza del suo operato: decise infatti che la biblioteca, fin allora riservata solo ai superiori del Seminario e a pochi altri ecclesiastici, fosse aperta (1788) sia ai docenti sia agli alunni del Seminario – cosa che stupisce ancor oggi per sensibilità e modernità di pensiero.
Proprio dalla seconda metà del Settecento, infatti, il patrimonio librario della biblioteca andò via via aumentando per quantità e, soprattutto, per qualità. Oltre alla corposa donazione di mons. Balbis Bertone, si ebbe quella di don Carlo Enrici, protonotario apostolico, canonico della cattedrale di Novara e vicario generale della diocesi. A tanto entusiasmo si contrappose, di lì a pochi anni, il confuso e drammatico periodo della Repubblica Cisalpina, durante la quale furono soppressi molti enti e comunità religiose, tra cui la congregazione degli Oblati dei ss. Gaudenzio e Carlo. Proprio una parte della biblioteca del loro collegio-seminario di S. Cristina in Borgomanero fu allora (1801) fatta confluire nella biblioteca del Seminario urbano. Una perdita per la congregazione, che tuttavia salvò dalla dispersione e dalla distruzione centinaia di volumi altrimenti a rischio. Tra questi, molti appartenevano all’oblato Francesco Bonaga, appassionato cultore di storia (e storia ecclesiastica) locale, oltre che di teologia e di filosofia.
Quei libri, che agli Oblati erano giunti grazie a un consistente lascito del patrizio novarese don Carlo Tornielli (oltre a quelli acquistati direttamente da don Francesco de Marconi Quagliotti e da altri confratelli), insieme a quelli già presenti in Seminario furono, proprio in quei primi anni dell’Ottocento, resi disponibili non più solo agli ecclesiastici ma anche ai laici, ai cittadini, a tutti i Novaresi allora travolti e talora disorientati dai venti rivoluzionari che provenivano dalla Francia napoleonica. Allora di decise che la biblioteca del Seminario sarebbe rimasta aperta al pubblico per almeno tre giorni alla settimana. Un’ulteriore, insperata conquista insomma, che rese fruibili a un vasto e variegato pubblico un ormai più che cospicuo patrimonio bibliografico, che spaziava dalle materie teologiche, filosofiche e storiche a quelle del diritto, dell’astronomia, della linguistica, della medicina, della chimica e della botanica.
Si trattò insomma di aprire e rendere pubblico quello che oggi verrebbe probabilmente definito un nuovo polo culturale cittadino, e da quel momento donazioni e lasciti – cioè, nel caso specifico, le principali forme di acquisizione libraria, forse ancor più che per acquisto pianificato e diretto – si moltiplicarono. Tra le più cospicue devoluzioni alla biblioteca del Seminario, oltre a quelle del Balbis Bertone, dell’Enrici e degli Oblati, è opportuno rammentare ancora, tra Sette e Ottocento, i fondi librari del Collegio gesuitico novarese, del Seminario di Arona e, per quanto concerne il ’900, in particolare i fondi dovuti alla generosità del sig. Moretti, e dei RR. Mons. P. Spagnolini, don T. Brustio e don B. Fornara. La struttura materiale della Biblioteca, traslocata nei primi anni cinquanta dall’antica, originaria sede del Seminario nella centralissima via Dominioni a quella di via Monte San Gabriele, per volere di mons. Gilla Vincenzo Gremigni (1951-1963) si snoda in vari ambienti per una superficie di oltre mille metri quadrati. Oltre agli uffici e al deposito dell’emeroteca, fulcro della biblioteca è la modernissima sala di consultazione, su due piani, con annessa area per l’esposizione dei periodici. I tavoli di lettura sono predisposti per l’uso dei pc e di internet, ed è prevista una postazione fissa per computer ad uso degli utenti. Sono poi collegate alla sala di consultazione (ma precluse al pubblico) sia la camera blindata con i manoscritti, gli incunaboli e le cinquecentine, sia il deposito librario – su tre piani – che comprende il fondo antico (con le edizioni dal ’600 all’800) e quello moderno. Un patrimonio di circa centoquarantamila volumi, con più di cento titoli di periodici a disposizione degli studiosi. L’accesso è libero e gratuito e, al di là delle opere in consultazione, il restante materiale è a scaffale chiuso e fruibile a richiesta. Il prestito (attualmente escluso) e le fotoriproduzioni sono consentiti ai docenti, agli allievi del Seminario e ai frequentatori dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR).
L’unico catalogo attualmente disponibile è, formalmente, solo quello per autori, anche se va detto che negli anni si è cercato di migliorarne la fruibilità inserendovi numerosi rimandi per soggetto. In ogni caso, dal 2009 la Biblioteca ha aderito al sistema informatizzato nazionale SBN, e si sono pertanto avviati contatti per procedere a una rinnovata, completa catalogazione dell’intero patrimonio bibliografico, affinché possa essere a suo tempo agevolmente consultabile sia tramite il sito dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU) http://opac.sbn.it e http://edit16.iccu.sbn.it, sia grazie a quello della Regione Piemonte http://www.regione.piemonte.it/opac.
Figuriamo anche presso l'Anagrafe degli Istituti Culturali Ecclesiastici della CEI (http://www.anagrafebbcc.chiesacattolica.it).
Facciamo inoltre parte del Sistema delle Biblioteche Ecclesiastiche Piemontesi (SIBEP).